Odorico
da Pordenone, nato a Villanova di Pordenone intorno al 1285. Morto a Udine il
14 gennaio 1331. Frate francescano. Nel 1318 (?) partì per un lungo viaggio in
Oriente. Dal 1324 al 1328 fu sicuramente in Cina, durante il regno di Yesun
Temür, l’imperatore mongolo dell’epoca Taiding. La relazione del suo viaggio,
dettata per ordine del Superiore, conta molti codici diversi, alcuni scritti in
latino altri scritti in volgare, per cui non è stata ancora redatta una
edizione critica. La permanenza di Odorico nell’impero Yuan è ampiamente
confermata nelle fonti cinesi coeve. La ricerca, su questo sito, proporrà la
disamina soprattutto di testi cinesi, che verranno proposti in traduzione e
quando possibile in originale. Da qui ha inizio, per quanto riguarda la sua
permanenza in Cina, la nuova lettura della Relatio di Odorico, conosciuto anche
come Odorico Mattiussi, cioè figlio di Matteo, soldato boemo giunto a Pordenone
al seguito di Ottocaro. I cognomi a quel tempo non erano ancora in
uso da noi, mentre in Cina lo erano da oltre un millennio. Pare quindi
cervellotica la scelta che ha fatto chiamare Mattiussi una scuola media
superiore di Pordenone.
Non è però immotivato il grande contributo
allo studio di Odorico che viene fatto a Praga, viste le sue origini boeme.
Al India Superiore passammo.
(Odorico,
LIBRO DELLE NUOVE E STRANE E MERAVIGLIOSE COSE)
Odorico sbarcato a Canton intorno al 1318, prese la
via delle città costiere fermandosi a Quanzhou
e a Fuzhou, e proseguendo per Jinhua e Hangzhou verso linterno. Poi, muovendosi per canali, fiumi, e
strade, passando forse per Suzhou,
giunse a Nanchino o forse a Jiaxing.
Toccò poi Zhenjiang, e quindi Yangzhou. Seguì poi il Canale Imperiale,
e transitando per Linqing e Xuzhou arrivò finalmente a Pechino. Qui
e là la Relatio, il resoconto
del viaggio, presenta qualche incongruenza, ma Odorico viaggiò comunque abbastanza a lungo
per essergli state consentite delle deviazioni lungo il percorso con visite a
luoghi che se ora appaiono discosti, dal momento che ancora sono ignoti i
motivi che lo portarono in Cina, una logica certamente lhanno avuta.
Dove tutto ebbe inizio
L’inizio della ricerca nelle fonti cinesi, cioè
l’inizio dell’avventura, è stata la
rilettura (durata anni) della Storia Dinastica degli Yuan, e una intuizione nel sesto juan (“capitolo”,
o “ libro”):
Song Lian e altri, Yuan shi (Storia Dinastica degli Yuan)[1], juan 6, Annali Imperiali, 6, Shizu (Kublai Khan), 3: p. 109, colonne
7-8
至元…二年…冬…十二月…己丑,渎山大玉海成,敕置广寒殿。[2]
(Nel
2° anno dell’epoca Zhiyuan...in
inverno...nel 12° mese lunare) Il giorno jichou[3] fu completato il
Grande Mare di Giada dei Monti Du, e
(l’Imperatore) decretò che venisse collocato nella Guanghan dian[4]. ibidem: p. 115, colonna 15
至元…四年…秋…九月壬辰,作玉殿于广寒殿中。
(Nel
4° anno dell'epoca Zhiyuan...in
autunno) Nel 9° mese lunare, il
giorno renchen[5] fu costruita la
Sala della Giada[6] nel mezzo della Guanghan dian. Odorico, riferendo degli oggetti
preziosi a corte, aveva detto:
“Nel mezo del
palazzo si è una grande pigna che si chiama mar di cas.”
(Odorico,
LIBRO DELLE NUOVE E STRANE E MERAVIGLIOSE COSE)
La vasca di giada, il cui nome cinese è Dushan Dayuhai (Grande Mare di Giada dei
Monti Du), è quella che Odorico
ammirò a Dadu intorno al 1326.
Il
nome del prezioso contenitore di vino, usato nella Guanghan dian (Sala della Luna) nei banchetti imperiali, si trova
variamente storpiato nei molti codici della Relatio,
e solo l’attenta analisi della Storia Dinastica degli Yuan ha portato alla luce il nome autentico dell’oggetto: “Il 1° febbraio 1266 fu completato il Grande Mare di Giada dei
Monti Du. L’imperatore decretò che venisse collocato nella Guanghan dian.”
Odorico lo tradusse, omettendo l’aggettivo grande e chiamandolo soltanto Mare
di Giada. Ma la parola giada in Europa non c’era ancora (la introdussero i
portoghesi dopo la conquista delle Americhe), e Odorico la traslitterò come
l’aveva sentita pronunciare a corte: khas
(parola uighura, adottata dai mongoli perché era dalla terra degli uighuri che
proveniva la giada migliore; in cinese giada si dice yu). L’enorme blocco di giada nera era stato estratto dai monti Min (nel Sichuan) probabilmente durante la vittoriosa campagna di Kublai
contro il regno di Dali nel 1253.
Trasportato a Dadu per via fluviale,
fu lì incavato e sulla superficie esterna venne scolpito un mare in tempesta
con mostri marini tra i flutti.
Attualmente, e finalmente, anche in Cina si individua l’oggetto
che fa bella mostra di sé a Pechino come il Mar di cas visto da Odorico. Ma il
sito internet baidu non riporta ancora il perché del nome datogli da Odorico, e
lo considera come il nome del materiale di cui è fatta la pietra. La pietra è
di giada, non di altro materiale di fantasia (che metto in grassetto e che
traslitterato suona mirdahe). Ma già
un passo avanti in Cina è stato fatto, grazie alle nostre insistenti ricerche.
Riporto quanto dice il sito baidu.com quando cita Odorico
13世纪,意大利旅行家鄂多立克曾经到过北海。在他的《东游录》中记载了对此的见闻:“宫中央有一大瓮,两步多高,纯用一种称作密尔答哈的宝石制成,而且是那样精美,以至我听说它的价值超过四座大城。瓮的四周悉绕金,每角有一龙,作凶猛搏击状。此瓮尚有上垂的以大珠缀成的网缒,而这缒宽为一扎。瓮里的酒是从宫廷用管子输送进去,瓮旁有很多金酒杯,随意饮用。”
[1] L’opera fu completata nel
1370. Naturalmente per la compilazione degli Annali furono usati documenti
registrati giorno per giorno durante la Dinastia Yuan. Si fa qui riferimento a Song Lian e altri, Yuan shi, Beijing, Zhonghua shuju, 1976 (edizione
annotata in 15 voll.).
[2] Il testo è qui riproposto
in ideogrammi semplificati, quelli in uso nella Repubblica Popolare Cinese. La
ricerca è stata svolta, invece, su testo con ideogrammi non semplificati.
[3] 26° del ciclo
sessagesimale: era il 1° febbraio 1266.
[4] “Sala del Vasto Freddo”
cioè Sala della Luce Vasta e Fredda nella Luna, o Sala della Luna. Durante la
Dinastia Tang già c’era un Palazzo Imperiale che si chiamava Guanghan gong. La Guanghan dian Era la Sala del Trono di Kublai Khan, prima che
fosse completata la costruzione della Daming
dian (“Sala della Grande Luce”) nel Danei
(“Grande Interno”), la Città Proibita degli Yuan.
[5] 29° del ciclo
sessagesimale: era il 27 settembre 1267.
[6] Yu Dian. Non è raro che all’interno di sale più grandi vengano
costruite piccole sale, come si può vedere anche nell’attuale Città Proibita.
陶总义, 南村辍耕录 Tao Zongyi, Nancun chuogeng lu (Chiacchierate al villaggio del sud[1] quando laratro riposa)[2], Beijing, Zhonghua shuju, 1997 (ristampa) (1ª edizione 1959); juan 21 p. 255, colonna 14-p. 256, colonna 3 La disposizione dei Palazzi Imperiali.[3] (...) La Guanghan dian si trova sulla sommità della collina. È un edificio di 7 jian[4]. Da est a ovest è larga 120 chi[5]. È profonda 62 chi[6]. È alta 50 chi[7]. Ha cassettoni sul soffitto. Il pavimento è ricoperto di pietre scritte. Ai quattro lati ci sono finestre a graticcio. Pannelli ne nascondono linterno. Tuttintorno si succedono nuvole dorate e rosse. Inoltre draghi serpeggianti balzano fuori e si arrampicano su per le colonne. Nel mezzo cè la Piccola Sala della Giada[8] Allinterno è posto il trono imperiale con pietre preziose incastonate nelloro e draghi di giada. A sinistra e a destra sono allineati i seggi per i dignitari del seguito. Davanti è posta una vasca per vino di giada nera. La giada ha delle venature bianche. Seguendo la loro struttura vi sono scolpite figure di pesci e di bestie che escono e simmergono tra le onde. Essa è così grande da poter contenere più di 30 dan[9] di vino. Cè poi un picco artificiale di giada, e una rastrelliera con metalli sonori e giade[10]. Nella parte posteriore della sala ci sono due reti con piccole pietre (preziose), dallinterno escono teste di drago in pietra, tramite lo zampillo delle loro bocche vi viene condotta lacqua del Jin shui[11]. Antonio Cosimo De Biasio
[1] La traduzione più corretta sarebbe Chiacchierate di Villaggio del Sud, visto che Tao Zongyi aveva scelto tale pseudonimo per sé stesso (n.d.t.) [2] Lopera fu scritta e stampata alla fine della Dinastia Yuan (n.d.t.) [3] Dice Tao Zongyi alla fine del capitolo: per il capitolo Gongjue zhidu (la Disposizione dei Palazzi Imperiali) ho esaminato a fondo e sono stato aiutato dal Rapporto sullArchitettura dei Palazzi Imperiali (Jiangzuo dajiang suoshu) della Jingshi dadian (Grande Enciclopedia per Governare il Mondo) di (Yu) Ji. È per questo che conosco le misure che cerano nella corte passata. La Grande Enciclopedia per Governare il Mondo fu stampata nel 1330, e quindi il capitolo è la fotografia di quanto vi vide Odorico. [4] Jian, intercolunnio o campata (n.d.t.) [8] Xiao yu dian (n.d.t.) [9] Il dan, unità di misura di capacità, ha avuto nella storia cinese valore diverso; il Grande Mare di Giada avrebbe in realtà una capacità di 1.000 litri (n.d.t.) [10] Giade sonore, litofoni di giada (n.d.t.) [11] (Fiume delle) Acque dOro (n.d.t.)
Il Mar di cas (citato da Odorico), è stato oggetto di
numerose imprecisioni, anche abbastanza recenti (avvenute, cioè, dopo la mia
fortunata intuizione)
Filippo Salviati, “Alla ricerca della pietra verde. La giada
nel mondo antico”, in Archeo, n. 6/1998
Dall’Orda
d’Oro alla Sublime Porta p. 79
Sulla Via
della Seta (...)
Indirettamente
collegati alla nascita della lavorazione della giada nel mondo islamico sono
ancora i Mongoli, che in Cina regnarono con il nome di dinastia Yuan (1279-1368), periodo al quale
risale uno dei più straordinari oggetti in giada che ci siano mai pervenuti, il
cosiddetto “contenitore per vino” (vedi box a p. 81).
Nella Tomba
di Tamerlano
La
monumentalità del “contenitore per vino” si riflette in qualche modo nella
prima testimonianza documentata di lavorazione della giada che il mondo
islamico ci abbia lasciato e che, seppur indirettamente, è ricollegata ai
Mongoli: la tomba di Amir Tamur o Timur (1370-1405).(...) p. 81
Una pietra
colossale
Il “contenitore
per vino” è un enorme blocco di nefrite di colore verde-biancastro con ampie
zone scure che misura quasi 2 m in lunghezza per 1,40 in altezza[1]
e dal peso complessivo di circa 3500 kg. La lavorazione dell’enorme oggetto si
concluse nel 1265, anno in cui i Mongoli si trovavano già a Pechino, ma prima
che Kublai Khan eleggesse la città a capitale dell’impero, nel 1272.
Considerata una delle meraviglie della corte mongola, la pietra si trova
menzionata in vari resoconti[2],
non solo di cronachisti e storici cinesi, ma anche in quelli di emissari
cristiani[3]
alla corte del “Gran Khan”, tra i quali l’italiano Federico da Pordenone[4].
L’enorme
“contenitore per vino” era intagliato esternamente con tutta una serie di
creature, soprattutto draghi e mostri marini emergenti dai flutti, che ci
rimandano a una tradizione artistica più vicina a quella delle genti
turco-mongole originarie dell’Asia interna e che dominarono ampie regioni della
Cina settentrionale, come i Liao
(907-1125 d.C.) o i Jin (1115-1234
d.C.), che non a quella cinese. Una volta cacciato l’invasore mongolo e
restaurata la sovranità cinese sull’impero celeste, uno degli imperatori Ming provvide a far “ritoccare” molte
delle creature intagliate sull’enorme oggetto, sì da renderle più consone alla
tradizione iconografica cinese[5].
Poco
ortodosse erano del resto anche la funzione dell’enorme blocco di giada, usato
come contenitore di bevande alcoliche, e le sue dimensioni, così lontane da
quelle ridotte della maggior parte delle giade di pura tradizione cinese.
Dell’oggetto si persero le tracce nel XVII secolo, quando esso “scomparve”
dagli ambienti di palazzo. Fu l’imperatore Qianlong
(1735-1795) della dinastia Qing che,
rinvenutolo in un tempio taoista a ovest della Città Proibita di Pechino, lo fece
reinstallare entro il Parco a nord della residenza imperiale dove può essere
ammirato ancora oggi. Enorme
giada incavata e utilizzata come contenitore per bevande alcoliche, dalla Cina.
Periodo Yuan, 1256 d.C.[6]
Pechino, Palazzo Imperiale[7].
[1] La misura dell’altezza è evidentemente
errata, forse è stata data considerando anche l’attuale basamento (n.d.t.)
[2] I resoconti che menzionano la Vasca di
Giada non sono in realtà così tanti (n.d.t.)
[3] Uno solo fu l’emissario cristiano che ci
risulta abbia nominato l’oggetto, e si tratta di Odorico da Pordenone (n.d.t.)
[4] Evidentemente il nome Federico è errato,
forse risultato da una contrazione di Fr.(ate) Odorico da Pordenone (n.d.t.)
[5] L’imperatore che fece pulire, e non
“ritoccare” la Vasca di Giada non era Ming,
bensì Qing, e visto il rispetto per
le antichità che aveva l’Imperatore Qianlong,
il lavoro non fu assolutamente fatto per rendere l’oggetto “più consono alla
tradizione iconografica cinese” (n.d.t.)
[6] Evidentemente la data è un refuso e sta
per 1265 (n.d.t.)
[7] Non si trova nel Palazzo Imperiale, cioè
nella Città Proibita, bensì nella Tuancheng,
a nord ovest della Città Proibita (n.d.t.)
In merito alla
visita a corte di Odorico, il quale ricorda che la presenza degli stranieri era
richiesta in quattro occasioni, riporto la traduzione di una poesia dedicata
agli avvenimenti della Festa di Primavera, il Capodanno lunare del calendario cinese,
una delle quattro occasioni in cui erano invitati gli stranieri. Da notare la
presenza di ben sei interpreti, a testimoniare che limpero mongolo era
multietnico.
da: Qinding rixia jiuwenkao (Archivio
Imperiale della Reggia), juan 30,
I Palazzi Imperiali, Dinastia Yuan,
1; p. 440, colonne 11-12
Fonte: Poesia sugli
avvenimenti annotati di ritorno dalla Corte il primo giorno dellanno
Nove ospiti (stranieri) dispongono le armi,
alzano gli scudi
vermigli;
Sei interpreti trasmettono i discorsi,
vengono offerti
in tributo anelli[1]
(di giada) bianchi.
Il Dipartimento delle Regole ha corretto la nota shang*[2],
si comincia a
dar fiato alla musica;
Alle porte del palazzo le carrozze dalle piume di
fagiano disposte a coppie
già serrano i
ranghi.
Il bagliore della neve brilla in lontananza,
si muovono le
insegne del Drago;
I colori del giorno quasi si avvicinano,
la fenice
(tutto) copre ed è tranquilla.
Diecimila anni!, sulle coppe di giada,
qualcuno ne
incide gli ideogrammi.
Allimprovviso si sente trasmettere il fausto
avvenimento:
fa il suo
ingresso lImperatore in persona.
Poesia di Liu
Guan (1270-1342. Scrittore Yuan. Vedi
biografia in Cihai, p. 2950), in Liu Daizhi ji (Raccolta di Scritti di Liu Daizhi)
[2]
shang, la 2ª nota nella
scala musicale cinese.
In merito al palazzo dove era posto il Mar di cas (Grande Mare di
Giada)
Guanghan gong. (da cui Guanghan dian)
Si narra che l’Imperatore Xuanzong (n.d.t.: 712-756) della Dinastia
Tang, il giorno 15 dell’8° mese lunare (n.d.t.: importante festa cinese di
mezzo autunno, nel giorno della luna piena; è tradizione che tutti i familiari
si riuniscano e festeggino insieme la ricorrenza), viaggiando nel centro della
luna vide un grande palazzo con un insegna che diceva: “Palazzo del Vasto
Freddo e del Vuoto Puro” (Guanghan qingxu zhi fu) (n.d.t.: il concetto di Vuoto
Puro è un concetto taoista, come taoista era il concetto di Qionghua dao,
“Isola dei Fiori di Giada”, -che rappresentava la mitica isola di Penglai,
paradiso degli immortali taoisti-, che era posta nel Taiye chi, “Lago della
Suprema Secrezione, o Secrezione Celeste” -cioè della rugiada, solo nutrimento
degli immortali taoisti). Vedi in “Memorie della Città del Drago” (Longcheng
lu) (n.d.t.: il Drago indica l’Imperatore), “Ming Huang sogna di andare nel
Guanghan gong” (n.d.t.: Ming Huang è un altro nome dell’Imperatore Xuanzong
della Dinastia Tang). I posteri perciò chiamarono Guanghan gong il “Palazzo
della Luna”. In “I Racconti Fantastici dello Studio Liao” (Liaochai zhi yi)
(n.d.t.: opera di Pu Songling della seconda metà del 17° secolo), nel racconto
“Bai Yuyu” (n.d.t.: racconto n. 93): “Guidato dal ragazzo entrò nel Palazzo
della Luna (Guanghan gong), nel quale c’era una scala di cristallo di rocca; a
coloro che ci passavano pareva di riflettersi come in uno specchio.”
Due persone
che Odorico forse conobbe
La città di Yangzhou,
che Odorico chiama Janni, ospitava una chiesa cristiana, e alla metà del secolo
scorso vi sono state rinvenute due lapidi scritte in latino di poco posteriori
al passaggio di Odorico. Una in commemorazione di Caterina:
Nel nome del Signore, amen. Qui giace Katerina, figlia del signor Domenico de Vilioni, morta nellanno del Signore 1342 nel mese di giugno.
Laltra in commemorazione del fratello Antonio che vi morì due anni dopo:
Nel nome del Signore, amen. Qui giace Antonio, figlio del signor Domenico de Vilioni, morto nellanno del Signore 1344 nel mese di novembre.
Non è poi così improbabile che Odorico avesse conosciuto i due fratelli, o forse il padre. Le lapidi sono molto interessanti dal punto di vista iconografico. La prima ha la più antica rappresentazione in Cina di Madonna con Bambino. Cè la Madonna seduta su di uno sgabello ovale di fattura cinese, oltre al martirio di Santa Caterina dAlessandria con la ruota di tortura e la decapitazione ad opera di un soldato vestito alla cinese. Due cadaveri giacciono insepolti al suolo, due angeli si librano sopra la Santa con lo strumento di tortura, e altri due angeli estraggono il cadavere, presumibilmente della Santa, dalla tomba. Tre momenti della narrazione: la tortura non riuscita per la rottura della ruota, che qui è rappresentata come due ruote, la successiva decapitazione, la resurrezione. In un angolo la figura inginocchiata di un monaco abbigliato con le ampie maniche, che fungevano da tasche, dei monaci cinesi di allora. La seconda lapide presenta Cristo Vittorioso assiso su uno sgabello quadrato in atto di farsi dare la lancia e la croce da due arcangeli. La croce ha le fattezze del bastone con la piccola croce che usavano i preti nestoriani. Tre tombe si stanno scoperchiando, e due gruppi di tre defunti sono raffigurati in ginocchio con un libro in mano. Due angeli in volo suonano le trombe. Una figura abbigliata da monaco presenta un bimbo a SantAntonio seduto su una panca con un bastone in mano. Lo scultore fu senza dubbio un locale, vista lingenuità dellatmosfera, e alcuni elementi tipicamente cinesi. Resta documentato il fatto che la croce è la croce nestoriana, la stessa che forse usavano i francescani, non la croce con Gesù crocefisso che sarebbe stata un pessimo viatico in Oriente. Di tali croci, in bronzo, cè una grossa collezione di qualche centinaio di pezzi, a Hong Kong, nel Museo dellUniversità, il Feng Pingshan Museum.
Sono tutte croci, relativamente piccole, di meno di dieci centimetri, dellepoca mongola che portavano con i preti nestoriani, montate su un bastone e appese al collo con una collana. Entrambe le lapidi ben testimoniano, infine, il significato che aveva il termine cristiano per i cinesi, colui che ha una fortunata reincarnazione.
(POESIA SULLA) ISCRIZIONE A EST
La
collina artificiale da sé si erge frastagliata,
Le
nuvole sul chiosco di quattro colonne sono lussureggianti e raffinate;
È
proprio come un fiore di fronte all’Isola della Bella Giada:
La
natura yin della primavera scarica
pioggia, e potrebbe la poesia non rispondere?
假 山 亦 自 耸 嶙 峋
jiă
shān yì zì sŏng lín
xún
四 柱 楼 雲 蔚 且 彬
sì zhù lóu yún wèi qiě bīn
如 朵 恰 於 瓊 島 對
rú duŏ qià yú qióng dăo duì
春 陰 作 雨 豈 辭 頻
chūn yīn zuò yŭ qĭ cí pín
40° anno del
ciclo sessagesimale, 1° mese lunare (2 febbraio – 3 marzo 1783), scritto
dall’Imperatore.
Apposti i due
sigilli:
“古稀天子之寶
GUXI TIANZI ZHI BAO (Sigillo del
Figlio del Cielo antico e raro [dell’Imperatore settantenne])”
“猶日孜孜
YOU RI ZIZI (Indefesso come
il Sole)”
in:
SHIYUAN ZHUREN 適園主人, San hai jianwen zhi三海見聞志 (Memorie di quanto si vede e si dice sui
tre laghi) [1924], Guji chubanshe, Beijing 2002; p. 77.
(POESIA SULLA) ISCRIZIONE A OVEST
La
Città Rotonda si erge da più di seicento anni,
Nel
folto e nel tetro di vecchi alberi si avvolgono pietre bizzarre;
Scrivo
personalmente nel prestigioso inchiostro rosso sul chiosco svettante:
Le
nuvole stanno per far scendere la pioggia, naturalmente.
團 城 聳 六 百 餘 年
tuàn
chéng sŏng
liù băi yú nián
古 木 蕭 森 詭 石 卷
gŭ mù xiáo sēn guĭ shí juăn
著 箇 危 亭 樓 峭 蒨
zhù gè wēi tíng lóu qiào qiàn
朵 雲 欲 作 雨 油 然
duŏ yún yù zuò yú yóu rán
42° anno del
ciclo sessagesimale (9 febbraio 1785 – 29 gennaio 1786), scritto
dall’Imperatore.
Apposti i sigilli
di cui sopra
“古稀天子之寶
GUXI TIANZI ZHI BAO (Sigillo del
Figlio del Cielo antico e raro [dell’Imperatore settantenne])”
“猶日孜孜
YOU RI ZIZI (Indefesso come
il Sole)”
in:
SHIYUAN ZHUREN 適園主人, San hai jianwen zhi三海見聞志 (Memorie di quanto si vede e si dice sui
tre laghi) [1924], Guji chubanshe, Beijing 2002; pp. 77-78.
(POESIA
SULLA) ISCRIZIONE A SUD
Il
chiosco solitario è simile a una nube,
La
natura yin della primavera sull’Isola
della Bella Giada stende una fitta nebbia;
Lo
spirito vitale qi cerca di produrre
un effetto che possa risponderle:
Far
scendere la pioggia è come insegnare al paesaggio a essere felice.
一 個 孤 亭 似 朵 雲
yī
gè gū tíng sì duŏ yún
春 陰 瓊 島 正 氤 氲
chūn yīn qióng daŏ zhèng yīn yūn
氣 求 設 果 能 相 應
qì qiú shè guŏ néng xiāng yìng
作 雨 當 教 景 物 欣
zuò yŭ dāng jiào jĭng wŭ xīn
30°
anno del ciclo sessagesimale, 2° mese di primavera (21 febbraio – 22 marzo 1774),
scritto dall’Imperatore.
Apposto
il sigillo:
“乾隆宸翰 QIANLONG CHENHAN (Pennello Imperiale dell’Epoca Qianlong)”
in:
SHIYUAN ZHUREN 適園主人, San hai jianwen zhi三海見聞志 (Memorie di quanto si vede e si dice sui
tre laghi) [1924], Guji chubanshe, Beijing 2002; p. 78.
(POESIA SULLA) ISCRIZIONE A NORD
Un
piccolo chiosco, un poggio di nubi damascate,
Il
confine è come vuoto, non si vede in profondità;
Sarebbe
comodo in verità guardando guadare nel fitto e nel folto
Come
in volo sull’Isola della Bella Giada fa la natura yin della primavera.
小 亭 一 朵 綺 雲 岑
xiăo tíng yì duŏ qĭ yún cén
境 若 虚 無 望 若 深
jìng ruò xū wú wàng ruò shēn
便 是 真 看 濟 薈 蔚
biàn
shí zhēn kàn jì huì wèi
仍 飛 瓊 島 作 春 陰
réng fēi qiŏng daŏ zuò chūn yīn
28° anno del
ciclo sessagesimale, 1° mese lunare (4 febbraio – 3 marzo 1772), scritto
dall’Imperatore.
Apposto il
sigillo:
“乾隆御筆
QIANLONG YUBI (Pennello
imperiale dell’epoca Qianlong)”
in:
SHIYUAN ZHUREN 適園主人, San hai jianwen zhi三海見聞志
(Memorie di quanto
si vede e si dice sui tre laghi) [1924], Guji chubanshe, Beijing 2002; p. 78.
|
|